Breve antefatto triste
A tavola siamo in cinque, io sono il più piccolo. Mamma prepara uno dei piatti preferiti di tutti: diciamo calamari ripieni. Cominciamo a mangiare ma nel bel mezzo del pasto vengo mandato di là con un espediente, tipo Ho sentito un rumore, controlla un po’ se per caso il cane ha sgozzato un cinghiale…. oppure Mi è sembrato di sentire il citofono, va’ un po’ a controllare se hanno suonato i testimoni di Genova… Torno a tavola ed i calamari sono finiti. Guardo la mia famiglia con gli occhi velati di pianto e ripieni (come i calamari) di rancore finché mio padre, l’adulto di casa, l’esempio da seguire, il maschio alfa, mi guarda con un misto di rimprovero e tenerezza, sentenziando: la guerra è guerra.*
Il libro.
Caro Sunzù, io te posso pure vole’ bene e tuttoquanto però ‘sto manualetto c’ha più di duemilacinquecento anni e anche se secondo alcuni se li porta molto bene per me se li porta malamente.
Caro Sunzù, dico questo perché hai raccolto in un libro insegnamenti millenari su come si fa la guerra, con regole tipo devi esse’ più bravo degli altri, più reattivo degli altri, devi sape’ quando spostare i cavalli, come muovere i fanti, quando è il momento di passare una briscoletta, quando il carico te lo devi portare fino all’ultima mano, se sei in maggioranza fai così, se sei in minoranza fai colì (ma in generale se sei in minoranza so’ cazzi tua…) e tutta una serie di suggerimenti che vanno dall’ovvio al banale.
Caro Sunzù, hai infarcito il libro anche di quei meno ovvi suggerimenti velati da tracce di infamità (e qui mi riallaccio al triste aneddoto iniziale intitolato “la guerra è guerra”) secondo cui per ottenere la vittoria devi corrompere gli ufficiali nemici, devi indebolire il nemico politicamente, devi usare espedienti molto poco artistici e cavallereschi.
Caro Sunzù, ma allora perché invece de l’arte della guerra il tuo libro non lo hai chiamato senza esclusione di colpi, l’infamia necessaria, il serpente saccente?
Che poi,
Io di guerra non ci capisco niente, eh… chiaro: sono un ignorante. Ma riesco comunque ad immaginare che se siamo io e te uno di fronte all’altro e non stiamo ragionando con ardore ma ci stiamo tirando le frecce infuocate, probabilmente è meglio che lo sbocco di sangue ce l’abbia tu piuttosto che io, il che leggittimerebbe anche l’uso, chessò, di cavallette assassine, di olio bollente, di stellette ninja, di cavalli di Troia o, per portare la cosa al nostro secolo, di armi chimiche, di mine antiuomo, di terrorismo. Però ecco: scrivere un manuale intitolato l’arte della briscola e tresette e nei meccanismi per vincere indicare che dobbiamo far innervosire il nostro rivale dando della zoccola alla moglie non mi sembra il massimo nè della strategia nè dell’arte.
Che poi anche, in ultimo,
So’ un uomo di pace, ma non mi fate incazzare con testi del genere perché quant’è vero che no, grazie, me li pulisco da solo vi prendo tutti a calamari in faccia…
Al mio segnale caricate a bastoni!
Ciao.
* La scena non è andata PROPRIO così, ma più o meno siamo lì.