Breve antefatto.
Il mio acculturatissimo amico Stefano un giorno mi disse: Aò, se te voi legge’ un libro de Cristo te devi legge’ Q dei Wu Ming. Però cercalo col nome Luther Blisset. E poi chiudite ‘n casa, non di’ niente a nessuno. Perché è un libro scomodo, pubblicato prima solo all’estero perché in Italia, lo sai, er Vaticano, er Potere, Blablacar e i negozianti di via Merulana non lo volevano. E poi gli autori so’ italiani, so’ dei geni, fìdati. E poi usò un’espressione tipo: so’ il “non più ultras”. Quindi io, credendo di avere a che fare con degli ex-facinorosi che andavano allo stadio con Stefano ma che essendo stati daspati si sono appassionati alle cose di Cristo, mi sono comprato questo libro. Ma poi sfogliandolo ho visto che era scritto piccolopiccolo e fittofitto e allora ho perso coraggio e convinzione e l’ho messo dove nessuno dovrebbe metterlo, ovvero vicino a Baby, ovvero in un angolo. Fino a quando mi sono imbattuto in Cantalamappa: ghiottissima occasione per sembrare un lettore conscious e impegnato leggendo però un libro di storie per bambini. Haicapitochevòlpe (cit. Vito Catozzo)?
Approccio.
Cantalamappa intanto è proprio un bel titolo dimmerda perché suona tale e quale a Scartalacarta, che mi fa schifo anche solo a scriverlo, ma provo a non farci caso e sottopongo il libro alla mia principessina con la stessa cura di un sacerdote che passa il calice del vino al chirichetto: lei mi guarda diffidente come quando provo a rifilarle i broccoli vantando le loro proprietà nutritive. Non sarà facile ma ci proverò, mi dico.
Svolgimento
Il libro a lei piace e a me pure. E’ scritto in modo chiaro, sul confine tra il facile ed il difficile, abbastanza da non dover interrompere la lettura ogni venti secondi. Il filo carloconti della faccenda è rappresentato dalle testimonianze che Guido e Adele, una coppia di sessantenni genitori dei fiori, hanno raccolto in un grande libro-atlante: aneddoti, curiosità, souvenir, appunti di mille viaggi in posti veri, strani, inventati, passati, futuri, anteriori, interiori, imperfetti.
L’intento risulta chiaro dopo poco: creare delle storie di fantasia intorno a temi che invece sono reali, controversi, spinosi, difficili, dimenticati, lontani dagli occhi e dal cuore. O in altri casi semplicemente far accendere lampadine dove di proposito sono stati spenti i riflettori.
Le storie
Le storie sono una quindicina. Ce n’è una sulla leggenda dell’Allghoi Khorhoi – il verme mongolo della morte – che si aggira nel deserto del Gobi, e una sulla leggenda dello Zodiaco del Somerset. C’è la vera storia delle paperelle che (insieme a castori, tartarughe e ranocchie) cadono dalla nave, escono dal container e se ne vanno a spasso per l’oceano con tuttagènte sulle sponde di dappertùtto a raccoglierle, e quella dell’Isola delle Rose, piattaforma artificiale costruita nell’Adriatico da un ingegnere bolognese che la autoproclamò Stato indipendente – fino a quando venne smantellata. Poi si ripercorre la storia di Dolcino e Margherita, comunardi apostolici che difendono i poveri dai soprusi dei ricchi e finiscono arsi dall’ecclesiastico di turno. La faccenda della città centro del mondo, che in realtà non lo è, ma voleva tanto esserlo. E poi Hvítserkur, il troll islandese crostificato. L’arrampicata dei prigionieri italiani sul monte Kenia, raccontata anche da Felice Benuzzi in questo libro. Rapa Nui, l’isola di Pasqua che ha fatto una finaccia, metafora della stupidità umana. E ancora, la Iugoslavia ed il suo spezzettamento indipendentista, il cinema in mezzo al deserto del Sinai in Egitto (foto qui), Vittorio Bottego e le sue “imprese” africane raccontate dal punto di vista indigeno, la diga del Vajont e quello che c’era dietro (oltre all’acqua). E credo di averle riportate tutte, o perlomeno perlopiù perlofòrse allorquàndo allordòve.
Sconclusioni
A fine lettura si rimane con la voglia di approfondire molti argomenti, che è una cosa buona. Non sempre però la narrazione scorre bene, ed in vari tratti la 7enne a cui mi rivolgevo era molto meno interessata di me. Quindi un libro che nasce da un’idea brillante e che offre ottimi spunti ma che spesso incespica, al netto delle illustrazioni a cura di Paolo Domeniconi che sono meravigliose ed efficaci.
Buonanotte a tutti (tranne che ai biechi neri).