Un titolo di merda come questo è inspiegabile. Quello originale è Eating Animals: Mangiare Animali. Un titolo secco, da trattato, da inchiesta. Che sintetizza esattamente l’argomento del libro: un libro che dalla prima all’ultima pagina ti rifila una serie impressionante di delicatissimi (ma molto ben portati) pugni alla bocca dello stomaco.
Apro una parentesi, e la apro quadra.
[Se arrivi a leggere questo libro significa che hai a cuore la questione del maltrattamento degli animali, oppure non te ne frega un cazzo degli animali ma hai a cuore la questione della nostra salute oppure della salute non te ne frega una ceppa perché magari ti spari 8 Negroni al giorno al bar sotto casa però hai a cuore la questione dell’inquinamento. O eri incuriosito dall’orribile titolo. Quindi a parte questa ultima ipotesi se hai questo libro tra le mani significa che hai una coscienza. Sei ignorante ma hai una coscienza].
Chiudo la parentesi.
Il buon Jonathan fa prima un percorso mentale. Parte della quella cosa (che forse avrà anche un nome) che ti capita quando diventi genitore e ti trovi nella posizione di dover insegnare, ma proprio in quella fase capisci che tu ragioni in base alle cose che hai imparato e vissuto, mentre di fronte a te una creaturina che parla a malapena e si fa la pipì addosso ti manda degli input senza filtro, basati su sensazioni e somme evidenti di fatti. Tipo: papà è buono, mamma è buona, i nonni sono buoni: tutti sono buoni. Ecco lì che il primo cartone animato dove c’è il cosiddetto cattivo diventa una faticaccia di spiegone: perché quel signore è cattivo? Nello specifico, la posizione da cui si parte è: che carino il pulcino, tutto giallo, fa pio pio pio…. Papà perchè mangiamo il papà del pulcino? Poi il pulcino piange….
Poi fa un percorso di approfondimento basato su documenti ufficiali e testimonianze. Che palle, infatti.
E infine c’è il percorso vero e proprio, quello che il buon Johnny (come vedete pure con lui ho una certa confidenza) fa in macchina; o in treno; o non mi ricordo. Gira tra allevamenti intensivi, cioè i cosiddetti lager per animali, ed allevamenti più piccoli, a gestione familiare, ovvero quelli che uno si immagina la mucca che gioca a briscola con il maiale, l’oca con il cappello di paglia, il tacchino che prepara la colazione alle pecore, e così via.
Si parte da questa domanda: tutti gli animali soffrono? Credo di sì, ma nel dubbio vado a vedere. E sapete perché? Perché ho una responsabilità verso i miei figli. Mi trovo nella posizione di educatore. Non voglio farli crescere nella contraddizione, nell’ipocrisia: voglio anzi approfittare della loro innocenza per fare una scelta anch’io. Qualunque sarà, l’avrò fatta perché ho visto con i miei occhi.
Niente da dire: un gran bel punto di partenza. E ad occhio e croce sembra anche molto vicino all’arrivo. Ma Jo (ormai è un fratello….) la prende larga, e ci porta con lui in giro negli Stati Uniti, un tour però un po’ meno suggestivo della Route 66, diciamo.
La risposta come spesso accade sta nella domanda: tutti gli animali soffrono. Anche quelli che in vita vengono trattati degnamente, comunque soffrono perché non è che muoiono per cause naturali, diciamo. Magari il maiale aveva ancora una cifra di cazzi da sbrigare, magari la maiala a cui batteva i pezzi da mesi gliel’aveva fatta annusare, magari si sentiva sulla cresta dell’onda ed al top della forma. E di morire non gliene andava proprio, ecco. Avrà sofferto? Direi di sì. E avrà pure rosicato. E questa è la migliore delle ipotesi, ripeto. Non vi parlo delle scrofe bloccate in recinzioni singole in cui non riescono a girarsi, ad accucciarsi, costrette ad allattare i piccoli senza sdraiarsi, ad ingurgitare antibiotici a rotta di collo. Ve ne parla l’autore del libro, se avete il fegato di affontare un libro che vi porta delle informazioni che non ignorerete più, perché non riuscirete più a farlo.
Il libro è consigliatissimo. Anche se leggerlo ti mette in una posizione diversa, più consapevole. Ad esempio il fatto che anche i pesci soffrono mi ha proprio fatto incazzare perché dai oh, allla mucca se gli spezzi una gamba quella muggisce e lo capisci che soffre, no? Il tacchino alza la caciara pur di non farsi catturare, lo vedi che è spaventato. Ma la vongola, il gambero, il calamaro? Cioè manco più i calamari uno se può mangia’? La pesca a strascico distrugge proprio tutto al suo passaggio, come se per ucccidere i polli uno demolisse il pollaio con la palla de ferro con tutta Miley Cirus attaccata.
Tocca farsi due conti, perché tra un po’ la domanda non sarà più “che se magnamo”? ma “che se bevemo”? visto che l’ acqua del pianeta o la sprechiamo per allevare bestiame o la inquiniamo, per lo stesso motivo.
Six million ways to die: choose yours, dicevano. Voi che ci mettete nella carbonara, pancetta o guanciale?
Buon appetito.