Trattasi di un libro che fa cose.
La prima cosa che fa è cogliermi di sorpresa. Sembra un libro verticale, ma poi esce lateralmente dalla custodia e si presenta in orizzontale, di un bell’azzurro, con uno che scappa chissà dove chissà da cosa chissà perché chissà chessarà di noi loscopriremosololeggendo.
La seconda cosa che fa è stordirmi. Di parole, innanzitutto. Parole stampate, non in lettering, che non è proprio il massimo. Tantissime e a cura di Tiziano Scarpa, premio Strega nel 2009. Font piccolo, stretto. In bocca ad un professore che spiega cose a studenti a cui interessano solo i propri ormoni.
La terza cosa che fa è sorprendermi. I disegni di Massimo Giacon sono un bombardamento, anche più delle parole. Sono esplosioni di colore, molto pop, over the pop, che escono con evidenza dalla mano di uno che ha studiato il fumetto e scoatta amaramente usando vari stili, a seconda del piano narrativo: il racconto del professore, i disegni degli studenti beoti, il mondo immaginario. (Aò, magari ‘sta cosa dei vari piani narrativi è l’abbiccì der fumetto, eh… Magari si studia alla prima lezione, chenesò… Però a me m’ha colpito).
La quarta cosa che fa è interessarmi con la sua trama roteante attorno ad un tipo che si chiama Alfio Betiz, il quale sviluppa una sensibilità/patologia per cui a una certa sente le cose che parlano: il frigorifero che si lamenta col termosifone, l’uccello che amoreggia col davanzale, il parabrezza che sbrocca al tergicristallo. E quindi, di conseguenza: quello che sembra così in realtà è colì; bisogna osservare bene le cose; il barbone che vedi a bordo strada potrebbe essere la vittima di se stesso o di un dottore/scenziato; tu non sei nessuno; io sono tuo padre; il matrix; ballarò; eccetera.
La quinta (ed ultima) cosa che fa è lasciarmi di stucco, facendomi assistere impotente al barbatrucco del dynamic duo composto da quello bravo a scrivere e da quello bravo a disegnare che si mettono a tavolino e fanno una graphic qualitativamente molto valida maperò senza sudore, senza passione, senza cazzimma, senza uallera, senza parabeni, senza lattosio, senza zucchero aggiunto. In sintesi, sono stato spettatore di fronte ad un saggio di bravura: tipo pianoforte, violino, arpa, canto lirico. Quando a me invece piacciono le chitarre elettriche e lo stage diving.
Fico.
Pieno di roba.
Ma senz’anima.
Cia1.