Questo libro qui è una chicca.
Un classico moderno, dicono.
Che poi credo significhi che è uno di quei libri che DEVI leggere – ma che puoi farlo senza rimpiangere il giorno in cui sei nato.
L’autore è lo stesso di Furore, che io pensavo fosse invece un programma di Raffaella Carrà e Sergio Japino condotto da Alessandro Greco.
Così, per dire.
Il romanzo è breve, che non guasta.
Molti dialoghi, che non guastano nemmeno quelli.
Pare di vederlo, il romanzo. Il gigante Lennie sembra troppo John Coffey de Il miglio verde. O Goomer di Sam & Cat: grosso e cazzaccio.
Per tutto il romanzo ho sentito la sua voce.
Per tutto il romanzo ho aspettato la sua fine.
Che poi è arrivata, insieme a quella del romanzo.
All’unisono.
Tutto bello, tutto molto rapido.
Chiudo il libro, sbattendolo,* e mi sporco di polvere.
Mi annuso, e puzzo di stalla**.
Ciao.
* L’immagine è metaforica – io l’ho letto sul Kindle, che cazzo devo sbatte’?
** L’autore, in modo insistente, ripete che al passaggio di uomini nel granaio, i cavalli sbuffano e le catene tintinnano. I cavalli sbuffano e le catene tintinnano. Ogni volta, a ogni passaggio. Ancora le sento, ‘ste cazzo de catene…